Il Senato ha votato la decadenza di Berlusconi

Non passano gli ordini del giorno contro la relazione della giunta per le elezioni che decretava l’ineleggibilità del Cavaliere

Il Senato ha votato la decadenza di Silvio Berlusconi. 
Non approvando i nove ordini del giorno presentati contro le conclusioni della giunta per le elezioni del Senato – che aveva contestato l’elezione del leader del centrodestra sulla base della legge Severino a seguito della condanna per frode fiscale divenuta definitiva a inizio agosto-, l’assemblea di Palazzo Madama ha decretato l’ineleggibilità del Cavaliere . Che perde pertanto lo status di parlamentare e che viene sostituito dal primo dei non eletti in Molise, Salvatore Di Giacomo, dove il leader di Forza Italia – che si era presentato in diverse circoscrizioni come capolista – aveva scelto di risultare proclamato. Di Giacomo, da tempo in rotta con il Cavaliere che con la sua scelta di non optare per altre circoscrizioni aveva di fatto privato i molisani dell’unico senatore espresso dal territorio, ha già fatto sapere che entrerà nel gruppo degli alfaniani e che sosterrà pertanto il governo Letta. E’ l’epilogo di settimane di dibattito e di una lunga maratona parlamentare iniziata con la votazione nella notte del maxiemendamento alla legge di stabilità (171 sì e 135 no) e segnata dalla fuoriuscita formale di Forza Italia dalla maggioranza di larghe intese.


LA DISPUTA SUL VOTO SEGRETO – Il voto è avvenuto a scrutinio palese, nonostante fino all’ultimo gli esponenti di Forza Italia (ma anche membri di altri gruppi a titolo personale) abbiano provato a chiedere la votazione segreta insistendo sul fatto che la deliberazione fosse sulla persona e che da regolamento e da prassi i voti sui parlamentari avvengono in forma riservata. Diversa, invece, l’interpretazione del presidente Pietro Grasso che ha più volte ricordato come nella fattispecie il voto non riguardasse la persona ma il completamento del plenum dell’assemblea di Palazzo Madama. Risultato: ognuno ha votato secondo l’indicazione del proprio gruppo, senza sorprese o imboscate ma anche, secondo i sostenitori del voto segreto, senza una vera libertà di coscienza.Tra coloro che hanno cercato di rimandare il redde rationem c’è Pier Ferdinando Casini che ha proposto, senza seguito una sospensiva in attesa del rinvio alla Corte di Cassazione dei nuovi termini dell’interdizione dai pubblici uffici, pena accessoria alla condanna a 4 anni di reclusione. «Non possiamo – ha detto il leader centrista – liquidare la storia di 20 anni come un evento criminale».


TENSIONI IN AULA – L’atmosfera in Aula è stata in ogni caso per tutta la giornata estremamente tesa e ha riguardato in particolare quelli che fino a qualche settimana fa erano i falchi e le colombe dell’ancora vivo Pdl: Sandro Bondi e Roberto Formigoni hanno avuto un alterco e sono quasi venuti alle mani, Alessandra Mussolini se l’è presa con Angelino Alfano: «È un piranha, lo chiamo Lino e non Angelino». Lo stesso Bondi e Gasparri hanno poi duramente apostrofato i senatori a vita («Vergognatevi») criticati per essersi presentati, dopo mesi di assenze, soltanto in occasione del voto sull’espulsione del Cavaliere.
C’ERAVAMO TANTO AMATI – Gli alfaniani hanno poi convocato nel tardo pomeriggio una conferenza stampa per fare il punto su quanto accaduto – sulla decadenza hanno votato assieme agli ex compagni di partito – e su quella che è ora la loro posizione in seno alla nuova maggioranza di governo. Hanno parlato di «brutta giornata» (Alfano) e di «pagina buia per la democrazia» (Schifani) e hanno preso l’impegno a indirizzare la linea dell’esecutivo a partire dal tema della riforma della giustizia. Ma a stretto giro di agenzie è arrivata la risposta dei lealisti: Mi disgusta profondamente l’ipocrita messinscena del nuovo centrodestra» ha detto Bondi, mentre Fitto ha parlato di «lacrime di coccodrillo». E, ancora, Brunetta, tranchant: «Il loro elevato quoziente di intelligenza -aggiunge- mi fa sospettare che non credano neppure loro alle favole. E allora perche’ le raccontano? A chi credono di farle bere?».