Iva: in aumento dal primo ottobre

Dal primo ottobre scatta l’aumento dell’Iva. E’ quanto deciso dal confronto del governo Letta con il ministro dell’Economia Saccomanni



Per un’Imu che va, un’Iva che aumenta. Sembra esser proprio questa la strada che il governo italiano ha deciso di intraprendere dopo l’incontro con la Commissione europea e in particolare tra il presidente del Consiglio Letta e il ministro dell’Economia Saccomanni.

Dunque la stangata dovrebbe arrivare già dal primo giorno del prossimo mese, quando l’imposta sul valore aggiunto aumenterà di un punto percentuale, passando dal 21 al 22%
La decisione sarebbe condizionata dalla situazione del Pil che avrà una crescita inferiore alle aspettative che impone di stabilire delle priorità a livello economico nel paese. Quelle che riguardano l’Italia sono due: trovare le risorse necessarie per poter tagliare le tasse sul lavoro e mantenere il rapporto deficit-Pil sotto il 3%.
Secondo il calcolo effettuato dagli economisti del governo, qualora si decidesse di bloccare l’aumento dell’Iva, le finanze dello Stato ne risentirebbero per un miliardo di euro nell’immediato e per quattro miliardi per renderlo strutturale. Il tutto senza considerare che il rapporto tra deficit e Pil è già abbondantemente oltre la soglia del 3%. Quindi i proclami da battaglia elettorale che hanno contraddistinto alcuni partiti politici sembrano ormai solo una lontana eco e dal primo ottobre la terza aliquota dell’Iva, come previsto già dall’ultima manovra del governo Berlusconi (che la prevedeva per lo scorso primo luglio, ma rimandata di qualche mese dal governo Letta), aumenterà dal 21 al 22%.
La preoccupazione è soprattutto per gli imprenditori, soprattutto quelli della piccola e media impresa, oltre che per i negozianti che vendono merci al dettaglio, perché un aumento dell’Iva prevede, di conseguenza, un aumento dei prezzi che, come già accaduto l’anno scorso con il passaggio dal 20 al 21%, ridurrebbe i consumi da parte delle famiglie a causa di un sempre minore potere d’acquisto.
Alla fine, dunque, dopo i colloqui con Bruxelles, il governo ha dovuto prendere questa decisione, soprattutto dopo il parere negativo espresso dalla stessa Commissione europea sulla manovra che ha abolito l’Imu, ritenuta non necessaria e non prioritaria.